Il mondo del selvaggio west tra nativi pellirossa, giubbe blu, campi di cotone e cacciatori d’oro continua a suscitare emozioni tra gli amanti della storia USA. Nell’immaginario collettivo questo periodo comprende anche l’epopea dei saloon popolati da temibili giocatori di poker pronti a far valere le proprie ragioni anche a colpi di revolver.
I coloni francesi che attorno ai primi dell’ottocento fondarono New Orleans, portarono oltreoceano un gioco molto simile al moderno “draw poker” chiamato Poque. La città era frequentata all’epoca da una “fauna” davvero molto particolare che mescolava battellieri, cercatori d’acqua, proprietari di piantagioni e agricoltori, ognuno di loro pronto a spendere parte dei propri ricavi nei movimentati tavoli da gioco dei saloon.
La città ospitò anche il primo casinò americano aperto intorno al 1822 da un tale di nome John Davis. Il club era aperto ventiquattro ore su ventiquattro e forniva anche ristoro e dolce compagnia agli avventori. In breve tempo altri locali sulla stessa falsariga sorsero in tutta la città. I proventi del gioco erano del resto decisamente elevati considerando che New Orleans era sempre molto frequentata grazie al suo porto internazionale.
L’area di maggiore concentrazione dei casinò era nota come “the swamp” (la palude) e persino la polizia aveva paura di frequentare questa zona dove si mescolavano giramondo, ladri, truffatori di ogni risma e giocatori professionisti. La nuova moda dei casinò portò infatti anche una nuova professione quello dello “sharper”, ovvero i giocatori professionisti che giravano il west in cerca di compagni di gioco da alleggerire.
Sebbene la Louisiana avesse bandito il gioco nel 1811, a New Orleans le sale da gioco poterono continuare a fare affari per oltre un secolo grazie allo status di porto franco che garantiva speciali concessioni ai cittadini proprietari di casinò.
Wild Bill Hickok, tra i pistoleri più famosi del west noto soprattutto per la sua eroicità e abilità con la sei colpi, era un appassionato giocatore di carte. Sebbene la sua figura sia ammantata da un alone di romanticismo, questo personaggio non mancava di approfittare della sua nomea di “grilletto facile” per forzare il gioco al tavolo verde. Si racconta che una volta in un saloon di Deadwood, in South Dakota, Hickok stesse giocando con un tale di nome McDonald quando la posta in gioco iniziò a farsi davvero cospicua.
Con il tavolo pieno di soldi, allo show down, McDonald mostrò un tris di jack e Hickok rispose dichiarando un full di assi e sei gettando tuttavia sul tavolo soltanto due assi e un sei. Rispondendo alla domanda sul presunto punto mancato, Hickok dichiarò che gli altri sei mancanti erano i colpi dei suoi revolver mostrando minacciosamente i ferri del mestiere. Sempre ad Hickock è legata anche una delle mani più celebri del poker. Se infatti asso e otto sono ad oggi conosciute come la famigerata mano del morto è dovuto ad un fatto di sangue collegato al termine della parabola terrena del pistolero.
Il 2 agosto del 1876 Hickock si trovava a Deadwood seduto ad un tavolo da poker del Nuttal & Mann’s. Intento a giocare come sempre, Hickok si trovava seduto con le spalle all’ingresso del saloon e così non poté notare l’ingresso nel locale di John “Naso Rotto Jack” McCall che nell’intento di voler vendicare un torto subito dallo stesso Hickock qualche giorno prima (era stato spennato al tavolo verde da Wild Bill), si avvicinò al pistolero freddandolo con un colpo alla nuca. Quando il corpo esanime di Hickock si riversò sul tavolo, le carte che teneva in mano caddero in terra mostrando una coppia di otto e assi, di fiori e picche (da qui il nome della celebre combinazione).
Sale da gioco erano presenti nei battelli a vapore che viaggiavano sui corsi d’acqua del West, arterie del commercio e dello sviluppo del nuovo Paese mentre anche con l’arrivo delle ferrovie, i treni si attrezzarono con vagoni dedicati all’intrattenimento dei giocatori. Per spennare i giocatori onesti i truffatori si consociavano in vere imprese di malaffare e a questo periodo risalgono diversi dispositivi come clip da infilare nelle maniche per nascondere le carte, dadi modificati e mazzi segnati per riconoscere le carte. Alcuni imbroglioni erano dei veri artisti come George Devol, un giocatore frequentatori di battelli che era capace di truccare le mani tanto da riuscire a servire quattro poker d’assi ai giocatori presenti a tavola.
Per attirare i “polli” nelle loro trame gli sharper cercavano di dissimulare le loro umili origini con abiti costosi e uno stile di vita al di sopra delle loro possibilità.